[Paul: I casi come questi rimangono
irrisolti, non si riesce mai a collegare a con b. - Thomas: E lei come lo sa? -
Paul: Perché son io che impedisco di collegare a con b... GIBSON MEL] Mauro Moretti, amministratore
delegato delle fs, è pronto alla privatizzazione del gruppo non appena arriverà
il via libera dal governo di Enrico Letta.
”Per quanto ci riguarda non è ancora stata data alcuna indicazione dal governo:
nel caso in cui venga data un’indicazione in tal senso, noi siamo pronti per
potere affrontare il problema”, ha spiegato il manager replicando a chi gli
chiedeva un commento sull’ipotesi di cessioni di quote da parte dell’esecutivo
in aziende partecipate. “In questi anni abbiamo preparato tutto ciò che era
necessario per potere anche arrivare a questa questione”. “Visto che abbiamo adattato i nostri bilanci a
standard internazionali, abbiamo avuto il rating, abbiamo una situazione
patrimoniale e
finanziaria buona e quindi siamo in grado di poter dare soddisfazione anche da
questo punto di vista”. Ad ogni modo, ha concluso, “credo che il governo faccia
bene a perseguire anche delle privatizzazioni. Negli anni passati si è parlato
molto di liberalizzazioni: senza anche la parte privatizzazione
liberalizzazione suona male”. Proprio sulla situazione patrimoniale del gruppo,
però, la Corte dei conti ha lanciato un allarme nei giorni scorsi, segnalando
che le fs devono “far fronte alla sua strutturale debolezza patrimoniale” e sottolineando che “a fronte di un indebitamento complessivo
di circa sei miliardi di
euro, si ribadisce la necessità di intraprendere iniziative per non mettere a
rischio la continuità aziendale”. E anche sul rating, altro parametro citato da
Moretti, c’è poco da festeggiare. L’agenzia Fitch ha infatti assegnato al gruppo il
“giudizio” BBB+ con prospettive negative, chiarendo che è pronta ad
abbassare il giudizio in caso di “un calo del sostegno finanziario
pubblico”. Anche se Moretti aveva annunciato alcuni giorni prima che “siamo
passati da azienda di Stato ad azienda punto e basta“. Tuttavia il manager, nonostante le difficoltà della
società, annuncia di essere pronto alla privatizzazione. E porta così avanti un
argomento sempre più attuale.
domenica 29 dicembre 2013
L’Eni (4%) andrà ai privati
venerdì 27 dicembre 2013
BANDA ERDOGAN
[L’avarizia
è così sciocca che non sa neppure contare. Montesquieu] Muammer Akkas, il
procuratore turco che ha denunciato pressioni su una nuova fase dell'indagine
sullo scandalo corruzione in Turchia è stato rimosso perché “ha gestito male il
caso”. Lo dice il procuratore capo di Istanbul, Turhan Colakkadi, precisando
che Akkas ha parlato con i media senza avvertire i suoi superiori. Secondo
diversi quotidiani Akkas avrebbe ordinato l'arresto di decine nomi eccellenti
del sistema Akp, fra cui deputati e imprenditori. Scontri tra polizia e
manifestanti che chiedevano le dimissioni del premier turco Recep Tayyip Erdogan
sono avvenuti a Istanbul. Circa 5.000
persone sono scese in piazza qualche ora dopo le dimissioni di tre ministri per
uno scandalo di corruzione che ha portato all'arresto dei loro figli. Le forze
dell'ordine hanno sparato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti nel
quartiere di Kadikoy, nella parte orientale della città. Proteste anche a
Besiktas. Lo scandalo corruzione in
Turchia rischia di travolgere il premier Recep Tayyop Erdogan: tre dei suoi
ministri, quelli dell'Interno, Economia e Ambiente, si sono dimessi dopo che i
loro figli sono finiti in manette in una tangentopoli legata a licenze edilizie
in aree urbane che finora ha portato all'arresto di oltre 50 persone. E proprio
uno dei tre, il responsabile dell'Ambiente Erdogan Bayraktar, ha invitato anche
il primo ministro a lasciare: “per il bene ed il benessere di questo paese,
credo debba dimettersi” ha sottolineato. Una vera e propria bufera per il
premier a tre mesi dalle cruciali elezioni amministrative di marzo: sempre più
in difficoltà per lo scandalo il sultano di Ankara è tornato nei giorni scorsi
a denunciare, come fece all'epoca delle proteste di Gezi Park, un complotto
internazionale: “uno sporco complotto contro la volontà nazionale” aveva
tuonato qualche giorno fa mentre nel paese proseguivano le purghe nella
polizia. Operazioni di pulizia che per l'opposizione - da tempo in pressing per
le dimissioni di Erdogan - punterebbero a insabbiare l'inchiesta sulla
corruzione. Le teste di decine di dirigenti della pubblica sicurezza sono
rotolate nei giorni scorsi, compresa quella del capo della polizia di Istanbul.
Un'operazione che era stata pilotata proprio dal ministro dell'Interno Guler,
il cui figlio è in manette da martedì con i rampolli degli ex titolari
dell'Economia e dell'Ambiente e Pianificazione Urbana. Il governo starebbe
silurando - è la lettura dell'opposizione - i dirigenti della polizia vicini
alla potente confraternita Islamica Hizmet di Fetullah Gulen, ex-alleato ora in
lotta con Erdogan, ritenuta all'origine della Mani Pulite turca. Rischiano così
di essere irreparabili i danni per Erdogan ed il suo partito Akp, per quel sultano
arrivato al governo denunciando i corrotti laici al potere fino al 2002,
presentandosi come il campione di una politica pulita. E intanto crolla la
borsa: l'indice della piazza turca ha lasciato sul terreno il 3% dopo
l'annuncio delle dimissioni dei tre ministri. Il premier turco Recep Tayyip Erdogan
ha cambiato 10 ministri in un rimpasto di governo seguito alle dimissioni dei
titolari dei dicasteri dell'Interno, dell'Economia e dell'Ambiente.
Etihad, futura azionista di Alitalia?
[Daniela
Santanchè: “Mantengo due ragazze in difficoltà, vuol dire che
sono lesbica?”. Riparte alla grande la posta di Cioè. Spinoza.it]
“L'aumento di capitale è finito bene, siamo molto contenti”. Lo
ha detto l'ad di Alitalia, Gabriele Del Torchio, al termine del Cda,
aggiungendo che si chiude l'anno “con un risultato raggiunto,
speriamo che il nuovo sia l'anno del rilancio”. “Quest'anno lo
concludiamo con un risultato raggiunto e iniziamo con grande
entusiasmo il nuovo anno, che speriamo sia l'anno del rilancio”, ha
detto Del Torchio, aggiungendo, a chi gli chiedeva se sarà un
rilancio con gli arabi: “del rilancio di Alitalia”. “Abbiamo
chiuso con un aumento di capitale - ha evidenziato Del Torchio -
mentre molti pensavano non ce l'avremmo fatta”.
”Per
l'alleanza di Alitalia con un partner internazionale “ci sono varie
ipotesi”. Lo ha detto l'ad della compagnia, Gabriele Del Torchio,
al termine del Cda, spiegando che su questo fronte “stiamo
lavorando con il massimo impegno, le alleanze sono fondamentali.
Etihad è all'attenzione di tutti i giornali. È presto per qualunque
commento”.
I
prossimi giorni saranno cruciali per la trattativa tra Etihad Airways
ed Alitalia per l'ingresso della compagnia di Abu Dhabi nella
struttura societaria del principale vettore aereo italiano.
Etihad
Airways, fondata nel 2003, nel 2012 ha trasportato 10,3 milioni di
passeggeri, un incremento del 23% rispetto al 2011, ottenendo un
fatturato di 4,8 miliardi di dollari ed un profitto netto di 42
milioni di dollari.
La flotta della compagnia comprende 89 aerei,
9 dei quali per la divisione cargo, ma i piani di espansione hanno
portato il management ad effettuare acquisti enormi. Nei prossimi
anni Etihad Airways riceverà infatti la consegna di ben 218 aerei,
così suddivisi:
8 Airbus A-320/200;6 Airbus A-321/200; 26 Airbus
A-321neo; 2 Airbus A-330/200; 40 Airbus A-350/900;22 Airbus
A-350/1000; 10 Airbus A-380/800; 5 Boeing 777/200LR; 8 Boeing 777/8X;
17 Boeing 777/9X; 41 Boeing 787/9; 30 Boeing 787/10; 2 Airbus
A-330/200F; 1 Boeing 777F.
I governi medio-orientali stanno
cercando di trasformare la regione nel principale hub del trasporto
aereo per i collegamenti tra l'Europa e le economie emergenti
nell'Estremo Oriente, come testimoniato anche dagli enormi
investimenti negli aeroporti in Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait ed
Arabia Saudita.
I tre “Pezzi grossi” medio-orientali, ossia
Emirates, Qatar Airways ed Etihad, stanno conoscendo una crescita a
livelli altissimi, che ha portato le compagnie a condurre una
strategia che non prevede l'affiliazione alle tradizionali alleanze
di linee aeree. Emirates le ha sempre considerate un freno, Qatar
Airways ha capitolato solo di recente, entrando in oneworld, mentre
Etihad preferisce gestire un'alleanza “Fatta in casa”.
Il
vettore di Abu Dhabi ha infatti implementato una strategia di
investimenti in compagnie di varie parti del mondo. Etihad possiede
quote azionarie in Air Seychelles (40%), airberlin (29,21%), Virgin
Australia (13,4%), Aer Lingus (2,987%) e, da quest'anno, anche Jet
Airways (24%), Darwin Airline (33%) ed Air Serbia (49%).
La
partnership con la compagnia medio-orientale sembra essere un buon
affare: l'anno fiscale 2012 è stato caratterizzato dal ritorno alla
redditività sia per airberlin che per Air Seychelles, il che
significa che tutti e cinque i vettori nell'area di influenza di
Etihad hanno chiuso il proprio bilancio in attivo.
L'Antitrust apre istruttoria contro la Sea di Milano
[Processo
Ruby, le richieste della Boccassini: “Il solito, grazie”.
Spinoza.it]
L'Antitrust
contro la Sea, la società controllata dal comune di Milano e dal
fondo F2i che gestisce gli aeroporti di Linate e Malpensa. Con
indubitabile celerità, l'autorità per la tutela della Concorrenza
ha deciso di avviare una istruttoria sull'acquisizione da parte della
Sea dell'aeroporto privato di Milano dalla società Ata del gruppo
Acqua Marcia. Operazione annunciata soltanto venerdì scorso, in
seguito alla decisione del tribunale fallimentare del 18 dicembre
scorso.
L'Antitrust si è mossa subito dopo aver ricevuto una
segnalazione da parte di Cedicor, holding di diritti uruguayano cui
fa capo Corporacion Argentina. Si tratta della società del
miliardario di origine armena Eduardo Eurnekian, che controlla la
totalità degli scali in Argentina, nonché gli aeroporti di
Montevideo, Brasilia ed Erevan, sbarcato in Italia per partecipare
alle gare nel settore, mano a mano che le quote di maggioranza
saranno messe in vendita dagli enti locali in difficoltà economica.
In questo caso, l'Antitrust ha fatto sapere di aver aperto la
procedura per verificare se la Sea “abbia posto in essere un abuso
di posizione dominante finalizzato a ostacolare l'accesso di un
potenziale concorrente nella gestione delle infrastrutture
aeroportuali”. Il cosiddetto “Piazzale Ovest” di Linate da cui
partono i jet privati è stato assegnato a Sea dal tribunale in
seconda battuta: in un primo tempo la gara sembrava assegnata da
Corporacion America che ha presentato una
offerta economica più alta. Ma da quanto è stato possibile
ricostruire, i giudici si sono rivolti a Sea perché il gruppo
sudamericano non avrebbe consegnato tutte le garanzie richieste.
Circostanza smentita dal gruppo di Eurnekian che ha annunciato
ricorso per vie legali. Una strada che i legali hanno percorso è
quello del ricorso all'Antitrust. L'Autorità sostiene - in una nota
- che la Sea “sfruttando la posizione dominante detenuta nella
gestione delle infrastrutture aeroportuali, potrebbe avere adottato
comportamenti strumentali per impedire a Cedicor di acquistare Ata.
Si tratta di una società che opera, attraverso le sue controllate
Ata Ali Servizi e Ata Handling, nell'handling per l'aviazione
generale a Milano Linate e per l'aviazione commerciale. Ata è
inoltre titolare di una convenzione con Sea, più volte prorogata,
grazie alla quale gestisce in esclusiva alcune aree, infrastrutture e
servizi relativi all'aviazione generale nell'aeroporto di Milano
Linate e svolge, non in esclusiva, alcuni servizi di assistenza a
terra per il tramite della propria controllata Ata Ali servizi”.
Sea, da parte sua, ha fatto sapere di aver messo a disposizione tutta
la documentazione e si è detta pronta a collaborare con l'Antitrust.
giovedì 26 dicembre 2013
A Punta Raisi i sindacati pronti alla battaglia ... si salvi chi può
[Di
due partiti, quello di coloro che non seguono la corrente è di solito il
migliore. Montesquieu] Le organizzazioni sindacali nell’apprendere che nell’ambito del dibattito
attualmente in corso al consiglio comunale di Palermo avente come oggetto la
delibera di vendita delle quote sia l’amministrazione comunale che il consiglio
comunale tutto nei fatti ha recepito le rivendicazioni delle organizzazioni
sindacali, sia nella stessa delibera, un comma che riporta l’impegno del
mantenimento di una quota pubblica che nei fatti garantisca i livelli occupazionali e della votazione di
un ordine del giorno proposto ai gruppi consiliari. I sindacati rinviano, a data da destinarsi, la assemblea del
personale di GESAP e GH Palermo e
chiedono un incontro urgente ai vertici della GESAP per affrontare le dinamiche
in atto e pervenire alla sottoscrizione
di accordi condivisi di tutela per il personale delle società GESAP e GH
Palermo. L'emendamento tecnico che il comune di Palermo sta
predisponendo prevede di mantenere solo l'uno per cento (cosa che consentirebbe
al Comune di mantenere un consigliere di amministrazione o una figura di
rappresentanza), prendendo i 7,5 milioni necessari alla ricapitalizzazione dal
fondo di riserva (2,5 milioni) e da un fondo per i capitali delle società (5
milioni). Inoltre, l'emendamento prevede che nel caso in cui la Provincia cambi
idea e si decida a vendere, il Comune tornerà a mantenere il 10 per cento,
domani il cda Gesap e prima del 10 gennaio, termine entro cui
approvare il bando per l'advisor. La
privatizzazione della Gesap adesso è a serio rischio, al centro di un fuoco
incrociato di forze politiche e sindacati, con queste ultime che hanno
proclamato lo stato di agitazione e un’assemblea per venerdì 27 dicembre, poi
sospesa, nel pieno delle feste natalizie. Una situazione che era già da giorni
calda, ma che adesso rischia di diventare incandescente per la contrarietà dei
sindacati che hanno anche indetto una petizione, già firmata da oltre 400
lavoratori. Motivo del contendere la delibera in discussione a Sala delle
Lapidi che prevede di aumentare dal 21 al 30 le quote azionarie di
Gesap da
mettere sul mercato: una decisione necessaria, visto che la Provincia ha fatto
un passo indietro sulla privatizzazione. Palazzo delle Aquile, in un primo
momento, aveva deciso di tenere un dieci per cento delle quote della società
che gestisce lo scalo di Punta Raisi, ma adesso che il commissario Domenico
Tucci ha fatto dietrofront, solo vendendo il 30 per cento, da sommare al 22
della Camera di Commercio, è possibile rendere appetibile l’affare dando a un
privato la maggioranza della società. Una partita che ha mandato in
fibrillazione i sindacati. Ma i sindacati si sono spinti anche più in là,
facendo firmare una petizione ai lavoratori (avrebbero firmato già 400 dei 700
dipendenti) e scrivendo una lettera ai gruppi consiliari di Sala delle Lapidi. E
i sindacati lanciano anche un avvertimento al consiglio comunale: in caso di
approvazione, sarebbero pronti a iniziative eclatanti. Da diversi anni i
lavoratori aeroportuali di GESAP e GH Palermo assistono a una serie di
dinamiche che lasciano quantomeno
attoniti. La politica locale ha regalato ai vertici dello scalo e di GESAP e GH
una serie di amministratori che si sono avvicendati creando un sistema che
garantisce una sorta di casta e nei fatti umilia e mortifica la quasi totalità
dei lavoratori. Continui processi di Esternalizzazione verso terzi di tutta una
serie di servizi che avrebbero potuto e dovuto fare dipendenti della GESAP o
della GH Palermo. Il servizio di centralino, la manutenzione nastri , la
gestione dei parcheggi, il punto informazione , la Sicurezza aeroportuale, le
consulenze esterne e per ultima la gestione del PRM ( passeggeri a mobilità
ridotta) sono stati dati a soggetti terzi svuotando nei fatti la possibilità di
dare ossigeno e bilanci positivi alle casse della GESAP e della GH Palermo. La
spregiudicatezza della politica locale dopo avere nei fatti disastrato i
bilanci di GESAP e di gh Palermo adesso , in periodo natalizio decide adesso di
farci un ulteriore regalo e cioè quello di VENDERE a privati. Il processo di
privatizzazione della GESAP rappresenta un affare di centinaia milioni di euro
intorno al quale certamente si muovono lobby affaristiche e squali delle
manovre speculative. La vendita dell'ottanta per cento delle quote di GH
Palermo separata da GESAP è stata, a quanto sembra , deliberata da un consiglio
di amministrazione i cui componenti sono per tre terzi gli stessi che appena un
anno e mezzo fa hanno scelto di acquistare il 100 % delle quote della stessa
portando a un esborso di circa un milione e ottocento mila euro nelle tasche di
un privato che da anni ha anche un contratto di circa trecentomila euro da
socio tecnico e che sembra stia per candidarsi a riacquistare una volta a bando
le quote.Ginevra 2 si aprirà a Montreux
[Per una fatalità circostanza, i principi più grandi sono
quelli più scontenti della loro fortuna. Montesquieu] La conferenza di pace
sulla Siria in del 22 gennaio non si aprirà a Ginevra come inizialmente
previsto, bensì nella vicina Montreux, in Svizzera. Lo ha confermato la
portavoce di Lakhdar Brahimi, mediatore internazionale per la crisi in Siria.
La decisione si è imposta per ragioni logistiche, ha detto a Ginevra la
portavoce Kawla Mattar. Battezzata Ginevra 2, la conferenza sarà inaugurata a
Montreux dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, alla presenza
dei paesi invitati. Ci sono anche cinque bambini tra le 13 vittime di un
bombardamento aereo del regime siriano su un quartiere residenziale di Aleppo,
nel nord del Paese. Lo riferiscono fonti locali che hanno diffuso la lista
dettagliata delle generalità delle persone uccise nel quartiere di Shaar,
roccaforte dei ribelli. Tra loro figurano due bimbi identificati e tre ancora
da identificare. Ci sono anche due adolescenti di 14 e 16 anni, una donna e un
anziano di 80 anni. Sei razzi lanciati dal territorio siriano da gruppi ribelli
hanno colpito questo pomeriggio la regione libanese di Hermel, causando il
ferimento di tre persone, tra le quali due soldati. Lo riferiscono i media
libanesi. Hermel e Baalbek, roccaforti di Hezbollah, sono state fatte bersaglio
dei lanci di diversi razzi negli ultimi mesi, rivendicati da organizzazioni
ribelli come risposta all'intervento delle milizie del Partito di Dio sciita in
Siria a sostegno del regime.
Irfis, l'ultima rivoluzione del rivoluzionario Crocetta
[Se io potessi vivere un'altra volta la nia
vita/nella prossima cercherei di fare più errori/non cercherei di essere tanto
perfetto,/mi negherei di più,/sarei meno serio di quanto sono stato,/difatti
prenderei pochissime cose sul serio./Sarei meno igienico,/correrei più
rischi,/farei più viaggi,/guarderei più tramonti,/salirei più
montagne,/nuoterei più fiumi,/andrei in posti dove non sono mai
andato,/mangerei più gelato e meno fave,/avrei più problemi reali e meno
immaginari./ Io sono stato una di quelle persone che ha vissuto sensatamente/e
precisamente ogni minuto della sua vita;/certo che ho avuto momenti di gioia/
ma se potessi tornare indietro cercherei di avere soltanto buoni momenti./Nel
caso non lo sappiate, di quello è fatta la vita,/solo di momenti, non ti
perdere l’oggi./Io ero uno di quelli che mai andava in nessun posto senza un
termometro,/una borsa d’acqua calda, un ombrello un paracadute;/ se potessi
vivere di nuovo comincerei ad andare scalzo all’inizio della primavera/ e
continuerei così fino alla fine dell’autunno./Farei più giri nella
carrozzella,/guarderei più albe e giocherei di più con i bambini,/ se avessi
un’altra volta la vita davanti./Ma guardate, ho 85 anni e so che sto morendo.
Borges] La commissione Attività produttive dell'Ars,
presieduta da Bruno Marziano (Pd), ha approvato un disegno di legge che prevede
la gestione separata dell'Irfis-FinSicilia, da società finanziaria pubblica a
istituto di intermediazione finanziaria sottoposto alla vigilanza di
Bankitalia. In base alla norma, che dovrà essere calendarizzata per l'aula,
l'Irfis potrà fornire consulenze, project financing, gestire fondi di garanzia
e di rotazione ma dovrà rispettare alcuni vincoli imposti dal controllo della
Regione Siciliana. Resterà il veto di finanziare cementifici, imprese che
lavorano nel Petrolchimico e di produzione di energia elettrica, a meno che
queste ultime non usino fonti alternative. L'Irfis inoltre gestirà il fondo
unico per l'agricoltura e andrà a sostituirsi all'Ircac. "Mi chiedo sulla
base di quali presupposti, l’Irfis-Fin Sicilia, società finanziaria per il
credito agevolato e l’erogazione di fondi regionali, abbia inteso siglare un
protocollo di intesa con Confindustria Sicilia, visto che non tutte le piccole
e medio imprese siciliane, vero tessuto produttivo dell’Isola, ne fanno
parte". Lo scrive in una nota Bernardette Grasso, vicepresidente del
gruppo Grande Sud-Pid cantiere popolare all’Ars. “Il governo chiarisca su
questo accordo che sembrerebbe escludere dalle agevolazioni e dalle attività di
consulenza e assistenza alle imprese, quelle che non sono iscritte a
Confindustria – aggiunge – Confindustria Sicilia sembra essere un interlocutore
privilegiato per l’accesso al credito, e si configura una disparità di
trattamento nei confronti di altri organismi”. Il deputato prosegue: “Dei 233
milioni di euro previsti per le azioni, ben 150 sono disponibili nelle casse
dell’Irfis mentre altri 83 attendono l’assegnazione definitiva da parte del
ministero dell’Economia”. “In un momento di grave crisi economica e di pesanti
difficolta” di accesso al credito – conclude – questo accordo ha tutta l’aria
di operare una discriminazione per molte imprese, e di favorirne alcune, con la
sola certezza che Irfis, che gestisce fondi regionali, crea una via
preferenziale nei confronti di Confindustria Sicilia”. Non è che c’entra
qualcosa il fatto che il Presidente dell’Irfis, Rosario Basile, è considerato
uomo vicino ad Antonello Montante, leader degli industriali siciliani?
mercoledì 25 dicembre 2013
VIVERE AL BUIO AI TEMPI DELLA CRISI
[“L'unico
consiglio che mi sento di dare - e che regolarmente do - ai giovani
è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le
ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella
che s'ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio.” Indro
Montanelli] “Mamma,
quando torna la luce?”. Sono sempre di più in Grecia le famiglie
che per la crisi non riescono a pagare la bolletta. Giorgios
ed Evgenia da due anni vivono a lume di candela. Secondo una stima,
sono in netto aumento le forniture sospese per morosità. E essere
costretti a una vita al buio è diventato un problema sociale. “La
situazione è davvero difficile per mia moglie ed i bambini.
Cerchiamo di fare le cose necessarie, come i compiti di scuola,
finché c‘è la luce del sole” Nell’Europa del ventunesimo
secolo vivere senza elettricità non è una opzione da snob. Molte –
e inaspettate – sono le conseguenze. “Cucino con il gas da
campeggio, e senza frigorifero per verdure e alimenti deperibili c‘è
il balcone. E meno male che fa freddo” Sfidando la legge, gruppi di
volontari girano per le case e le riconnettono alla rete elettrica.
Per loro la corrente è un bene necessario senza il quale non si può
vivere. Dunque, è fuori discussione accettare di restarne esclusi.
Gli attivisti hanno riportato la luce, illegalmente, in molte case
che avevano subito un distacco per morosità. “Voglio ringraziare
questi volontari per aver riportato l’elettricità in casa. Ora
posso occuparmi dei figli, fargli fare i compiti e permettergli di
lavarsi”. I volontari presentano se stessi come un movimento di
sfida politica, e assicurano di ricollegare alla rete di
distribuzione, ogni giorno, una quindicina di case. Sanno di compiere
un gesto fuori dalla legalità, ma si dicono convinti che aiutare chi
ha bisogno sia una priorità. “Secondo l’operatore elettrico
greco almeno 350mila contratti sono stati sospesi per morositâ nel
2013. In molti casi si è riallacciata la connessione, anche
illegalmente, in altri, si è rimasti al buio”.
Italia al top per rischio povertà
[L’Italia
ha la classe politica che si merita (…) Siamo sicuri che ne
troveremmo di migliori? E se ne trovassimo, che cosa, quale “popolo”
rappresenterebbero? Indro Montanelli] Dopo
la Grecia, l'Italia è il Paese della zona euro dove il rischio di
povertà ed esclusione sociale è più alto: secondo gli ultimi dati
Eurostat
relativi al 2012, in Italia il 29,9% della popolazione rischia di
diventare povero, in Grecia il 34,6%. Quadro a tinte fosche nel
bilancio sociale Inps Il potere d'acquisto delle famiglie
-
si legge - è crollato del 9,4%
tra
il 2008 e il 2012. Lo si legge nel bilancio sociale Inps secondo il
quale solo tra il 2011 e il 2012 il calo è stato del 4,9%. Nel
complesso nei quattro anni considerati il reddito disponibile delle
famiglie ha perso in media l'1,8% (-2% tra il 2011 e il 2012).
Emorragia di dipendenti pubblici
nel
2012. Nell'anno, secondo quanto emerge dal bilancio sociale Inps, i
lavoratori pubblici sono diminuiti, a causa del blocco del turnover e
dei numerosi pensionamenti di 130.000 unità (-4%) passando da 3,23
milioni a 3,1 milioni. Nel 2012 le entrate contributive ex Inpdap
sono calate di 4,78 miliardi (-8,2%). I contribuenti del fondo
pubblici statali sono diminuiti di 107.012 unità (da 1.780.000 a
1.672.988 con un -6%) mentre quelli del fondo pubblici enti locali
sono calati di 25.070 unità (da 1.305.542 a 1.280.472 e un -1,9%).
Cresce invece di 1.870 unità il fondo pubblici sanitari e il fondo
pubblici ufficiali giudiziari (+721 unità). Le entrate contributive
dell'ex Inpdap, si legge nel bilancio sociale Inps, si sono ridotte
di 4.781 milioni di euro, dato legato al blocco del turn-over nel
pubblico impiego e al rallentamento della dinamica retributiva del
settore. Nel 2012 quasi tutte le categorie di lavoratori mostrano una
riduzione della consistenza. I lavoratori dipendenti del settore
privato si riducono di 48.888 unità (-0,4%); i lavoratori pubblici
di 129.515 unità (-4%); i lavoratori autonomi di 13.817 unità
(-0,3%) e i parasubordinati di 22.167 unità (-2%). Il blocco del
turnover ha accentuato nel pubblico la tendenza che c'è anche nel
privato di diminuzione dei dipendenti con meno di 30 anni (-20,1% nel
pubblico, -8,7% nel privato) e di progressivamente invecchiamento dei
lavoratori. Le variazioni per classe d'età, infatti, sono negativi
fino ai 50 anni con una riduzione media del 9,3%. Si rilevano invece
incrementi dell'1,4% per i dipendenti tra i 50 e i 60 anni e del 5,9%
per quelli oltre i 60 anni. La spesa per gli ammortizzatori sociali
nel
2012 è aumentata del 19% rispetto al 2011 superando quota 22,7
miliardi. L'Istituto sottolinea che la spesa principale è quella per
la disoccupazione con 13,811 miliardi, oltre due miliardi in più
rispetto ai 11,684 miliardi spesi nel 2011. Hanno usufruito di
ammortizzatori sociali nel 2012 oltre 4 milioni di persone. Oltre 1,6
milioni di persone hanno usufruito di cig e mobilità a fronte dei
1.250.000 lavoratori nel 2011 (+28,5%) con una permanenza media pro
capite in cassa di di due mesi e 2 giorni lavorativi. Nel complesso
hanno avuto il sussidio di disoccupazione (ordinaria, agricola e
quelle a requisiti ridotti) 2,5 milioni di persone a fronte dei 2,26
milioni dell'anno precedente. L'Inps sottolinea che i 22,7 miliardi
(+3,6 miliardi sul 2011) si sono suddivisi in 12,6 miliardi di
prestazioni e 10,1 di contributi figurativi. La parte principale ha
riguardato la disoccupazione (13,8 miliardi con un +18,2%), mentre
per la cassa integrazione sono stati spesi 6,138 miliardi (oltre un
miliardo di spesa in più con un +21,8%) e 2,824 miliardi per la
mobilità (+17,3%). Il peso maggiore degli ammortizzatori è a carico
dello Stato con 14,237 miliardi a fronte dei 8,536 miliardi di
contributi da imprese e lavoratori. Il finanziamento della cassa
integrazione è stato coperto dallo Stato per il 37,8%, quello della
disoccupazione per il 70,1% e quello per la mobilità per il 79%.
Quasi la metà dei pensionati Inps (il 45,2%) ha un reddito da
pensione inferiore ai 1.000 euro al mese. Lo si legge nel bilancio
sociale Inps 2012. Su quasi 7,2 milioni di pensionati che non
arrivano a 1.000 euro ce ne sono 2,26 milioni (il 14,3% del
complesso) che non arriva a 500 euro. Possono invece contare su più
di 3.000 euro al mese poco più di 650.000 pensionati. Il reddito da
pensione dei pensionati pubblici nel 2012 era in media di 1.948 euro
al mese, superiore di oltre 700 euro rispetto ai 1.223 euro medi
portati a casa da coloro che hanno lavorato come dipendenti nel
settore privato. La differenza dipende anche dal numero di anni
lavorati e si amplia tra le donne con 826 euro medi di pensione per
le donne del fondo lavoratori dipendenti e i 1.613 di quelle del
settore pubblico. Per artigiani e commercianti il reddito da pensione
si ferma in media sotto i 1.000 euro.
martedì 24 dicembre 2013
BUON NATALE
[Dicevo: la cena uccide la metà di Parigi, il
pranzo l’altra. Montesquieu] Un buon natale a tutti, anche al titolare della PC
che ritiene che esistono abbonati che vanno tutelati (vedi i dipendenti della
Ksm in servizio a Punta Raisi)e dunque usufruiscono di uno sconto, altri
ritenuti ricchi e dunque senza nessun diritto ma solo con doveri. A tutti i
lavoratori della Gh, Gesap e Ap che praticamente non hanno nessuno che tutela i
loro interessi. Ma un esclusivo in bocca a lupo alle 5 sigle sindacali
aeroportuali che si inventano di tutto, non ultima la petizione, nello spirito
democratico italiano il segreto è non essere concreti e i sindacati in questo
non hanno rivali. Ai vertici della Gesap
che malgrado il loro impegno ancora non sono riusciti a portare al fallimento
l’azienda che ha in gestione l’Apt di Punta Raisi. Con un minimo di impegno in
più potrebbero riuscire a realizzare i
loro progetti, il problema è se hanno ben chiaro il progetto che intendono
realizzare. A tutti i ragazzi dell’Uges buttati fuori a febbraio da Punta Raisi
e che aspettano giustizia, così come i 37 part time della Gh che quasi
sicuramente ricorderanno questo natale come l’ultimo di una lunga serie e che a
breve (19 marzo) dovrebbero riacquistare la dignità di tutti gli altri colleghi
aeroportuali. Ai dipendenti Gesap Unità controllo sedime un affettuoso natale che dopo aver
perso anche l’appello, vittime di una giustizia ingiusta e non solo, hanno
ottenuto la data per una eventuale revocazione, il 13 marzo.
lunedì 23 dicembre 2013
La famiglia Rizzuto ha perso?
È morto Vito Rizzuto
[Durante i
miei viaggi, mi sono assai sorpreso nel trovare a governar Venezia quei gesuiti
che, a Vienna, non trovarono alcun credito. Montesquieu] Una carriera costruita
con il sangue, le alleanze come quella con i Cuntrera-Caruana e i traffici di
droga a livello globale, senza mai dimenticare la terra d’origine. Come quando
emerse il suo interessamento per gli appalti del ponte sullo Stretto di
Messina. La sua irresistibile ascesa venne stoppata soltanto nel 2004 con
l’arresto eseguito dall’FBI. Dopo l’estradizione, nell’agosto 2006, un anno
dopo un giudice americano lo condannò a 10 anni di carcere in parte scontati
nel penitenziario di Ray Brook nello stato del Colorado. La libertà l’aveva
riassaporata negli ultimi mesi del 2012. A Rizzuto venne contestato il reato di
estorsione legato all’omicidio di tre membri appartenenti alla gang rivale
italo-americana dei Bonanno. Il clan Rizzuto, uno
dei più potenti di tutta l'America del Nord, sarebbe in procinto di lasciare
Montreal. È un'ipotesi rilanciata da
diversi quotidiani canadesi - Le
Journal de Montreal e il National Post - dopo che la famiglia ha
messo in vendita diverse case situate nella metropoli del Quebec. I Rizzuto
sono stati decimati da una guerra di
mafia sanguinosa. Prima è morto ammazzato Nick Rizzuto Junior, poi il vecchio “padrino”
Nick Rizzuto Senior, oltre che Agostino Cuntrera e altri personaggi influenti
del clan italo-canadese originario di Cattolica Eraclea in provincia di
Agrigento. Probabilmente la famiglia
intende rientrare in Sicilia. Hanno già messo in vendita a circa 2 milioni di
euro, tramite l'agenzia
immobiliare International Realty, la villa di Vito Rizzuto, una sorta di riproduzione di un castello normanno sulla rue Antoine-Berthelet a Montreal, da tempo ribattezzata la “via della mafia”, visto che qui vi sono le case non solo di Vito Rizzuto e del padre Nick (la villa nella quale è stato ucciso da un cecchino) ma anche la figlia Maria Rizzuto, moglie di Paolo Renda, scomparso, forse è lupara bianca, dal maggio del 2010. Gli investigatori canadesi, secondo quanto riporta la stampa del Nord America, hanno pensato e scritto in questi mesi che la famiglia Rizzuto tema adesso un agguato per Vito, che quando uscirà dal carcere, nel mese di ottobre dell'anno prossimo, probabilmente non tornerà a Montrèal temendo il fuoco degli avversari. Su Vito Rizzuto pendono due richieste di estradizione dall'Italia, sia per il processo Brooklyn, quello dell'infiltrazione nell'appalto del ponte sullo stretto di Messina, che per il processo Orso Bruno che vede al centro dell'inchiesta una maxi operazione di riciclaggio di denaro sporco attraverso la Made in Italy Spa, con sede a Roma davanti a Palazzo Chigi. Entrambe le inchieste, sfociate in decine di arresti, sono state condotte dalla Dia di Roma e dalla Dia di Agrigento. Qualche anno fa furono estradati in Italia due boss italo-canadesi originari di Siculiana, Alfonso Caruana e Pasquale Cuntrera, due amici e “colleghi” di Vito Rizzuto. La famiglia Rizzuto ora potrebbe rientrare a Cattolica Eraclea, il paese dell'Agrigentino da dove partirono nel 1954. Da qui cominciò poi la scalata al vertice della mafia italo-americana fino alla mattanza degli ultimi mesi. La famiglia dei Rizzuto venne decapitata qualche mese dopo la condanna del patriarca grazie all’operazione “Colosseo” che, sostanzialmente segnò l’inizio di una violenta guerra per l’ascesa di nuovi gruppi criminali da sempre in una posizione di secondo piano a causa dell’incontrastata presenza della famiglia di Cosa nostra. A pagare con il sangue furono anche i familiari di don Vito: il 28 dicembre 2009 toccò al figlio, Nick Rizzuto, mentre nel 2010 fu la volta dell’anziano padre 86enne Nicola. La guerra di mafia in Canada è tutt’ora in corso e dal 2010 si sono registrati quasi 40 omicidi. L’ultimo è quello di Roger Valiquette. Per gli inquirenti, proprio la liberazione di Rizzuto, avrebbe prepotentemente riacceso la miccia per la riconquista di Montreal. Nel maggio 2013 la mafia canadese sbarca a Palermo: i corpi di due uomini canadesi, Juan Roman Fernandez e Fernando Pimentel, vennero trovati carbonizzati nelle campagne di Casteldaccia, alle porte di Palermo. Due referenti di primo piano arrivati direttamente in Sicilia presumibilmente per stabilire un nuovo canale di collegamento.
immobiliare International Realty, la villa di Vito Rizzuto, una sorta di riproduzione di un castello normanno sulla rue Antoine-Berthelet a Montreal, da tempo ribattezzata la “via della mafia”, visto che qui vi sono le case non solo di Vito Rizzuto e del padre Nick (la villa nella quale è stato ucciso da un cecchino) ma anche la figlia Maria Rizzuto, moglie di Paolo Renda, scomparso, forse è lupara bianca, dal maggio del 2010. Gli investigatori canadesi, secondo quanto riporta la stampa del Nord America, hanno pensato e scritto in questi mesi che la famiglia Rizzuto tema adesso un agguato per Vito, che quando uscirà dal carcere, nel mese di ottobre dell'anno prossimo, probabilmente non tornerà a Montrèal temendo il fuoco degli avversari. Su Vito Rizzuto pendono due richieste di estradizione dall'Italia, sia per il processo Brooklyn, quello dell'infiltrazione nell'appalto del ponte sullo stretto di Messina, che per il processo Orso Bruno che vede al centro dell'inchiesta una maxi operazione di riciclaggio di denaro sporco attraverso la Made in Italy Spa, con sede a Roma davanti a Palazzo Chigi. Entrambe le inchieste, sfociate in decine di arresti, sono state condotte dalla Dia di Roma e dalla Dia di Agrigento. Qualche anno fa furono estradati in Italia due boss italo-canadesi originari di Siculiana, Alfonso Caruana e Pasquale Cuntrera, due amici e “colleghi” di Vito Rizzuto. La famiglia Rizzuto ora potrebbe rientrare a Cattolica Eraclea, il paese dell'Agrigentino da dove partirono nel 1954. Da qui cominciò poi la scalata al vertice della mafia italo-americana fino alla mattanza degli ultimi mesi. La famiglia dei Rizzuto venne decapitata qualche mese dopo la condanna del patriarca grazie all’operazione “Colosseo” che, sostanzialmente segnò l’inizio di una violenta guerra per l’ascesa di nuovi gruppi criminali da sempre in una posizione di secondo piano a causa dell’incontrastata presenza della famiglia di Cosa nostra. A pagare con il sangue furono anche i familiari di don Vito: il 28 dicembre 2009 toccò al figlio, Nick Rizzuto, mentre nel 2010 fu la volta dell’anziano padre 86enne Nicola. La guerra di mafia in Canada è tutt’ora in corso e dal 2010 si sono registrati quasi 40 omicidi. L’ultimo è quello di Roger Valiquette. Per gli inquirenti, proprio la liberazione di Rizzuto, avrebbe prepotentemente riacceso la miccia per la riconquista di Montreal. Nel maggio 2013 la mafia canadese sbarca a Palermo: i corpi di due uomini canadesi, Juan Roman Fernandez e Fernando Pimentel, vennero trovati carbonizzati nelle campagne di Casteldaccia, alle porte di Palermo. Due referenti di primo piano arrivati direttamente in Sicilia presumibilmente per stabilire un nuovo canale di collegamento.
La Cisl contro la Manutencoop
[Dicevo:
solo le opere banali annoiano, le cattive non si contano. Montesquieu] I motivi
– comunica la Cisl- che hanno portato alla vertenza ed alla conseguente
dichiarazione di stato di agitazione con la ditta Manutencoop , curatrice dei
servizi di pulizia dell’aeroporto di Punta Raisi dati in appalto dal gestore
aeroportuale sono da attenersi al reintegro delle unità lavorative andate in
congedo pensionistico o auto esodate …
fino al monte ore lavorativo previsto per il normale turn over del personale. Il
mancato accordo ha creato di fatto una situazione stagnante (in linea ,
aggiungo, con tutto il resto che succede in apt), dove l’azienda ha fatto
ricorso ad una mole straordinaria di ore di straordinario, distribuita solo ad
alcuni soggetti e il non ultimo mancato raggiungimento degli standard
qualitativi espressi dalla carta dei servizi
imposta dall’Enac. Per questi motivi la Cisl chiede al prefetto di
attivare un tavolo di conciliazione tra le parti. Nel frattempo l’incontro del
17/12 sindacati azienda ha dato vita a un mancato accordo, l’azienda ha
sostenuto che lo stato di crisi in cui versano gli appalti e le commesse sul
territorio, è costretta, suo malgrado, e non può tenere conto delle richieste dei
sindacati.
domenica 22 dicembre 2013
Msf si ritira dalla Somalia
[In questa notte calda di
ottobre, apriti cuore / non stare lì in silenzio senza dir niente / non ti
sento, non ti sento, da troppo tempo non ti sento / e ti ho tenuto lontano
dalla gente / quanti giorni passati senza un gesto d'amore / con i falsi sorrisi
e le vuote parole… Cambierò, Cambierò / apriti cuore ti prego fatti
sentire… Apriti cuore - Lucio Dalla] Medici senza frontiere ha annunciato “la
chiusura di tutti i suoi programmi in Somalia”, dopo 22 anni di presenza. A
causa del peggioramento delle condizioni di sicurezza. Era una delle ultime ong
occidentali presenti nel Paese. “Dopo aver lavorato senza interruzioni in
Somalia dal 1991, l'organizzazione medico- umanitaria Medici Senza Frontiere
(Msf) annuncia la chiusura di tutti i suoi programmi nel Paese, come risultato
dei gravi attacchi al proprio personale”, riferisce la nota. Torna il mensile
dell’organizzazione umanitaria dedicato ai progetti sanitari nelle aree del Sud del Mondo. Dopo 22 anni, Msf ha deciso di lasciare la Somalia chiudendo tutti i programmi nel Paese perché non è più in grado di
assicurare la sicurezza ai pazienti e agli operatori umanitari. Poi gli aggiornamenti sui
progetti in Repubblica
centrafricana, Uganda e Haiti, dove è stato
attivato un progetto di assistenza e cura per le donne vittime di violenza sessuale.
Niente albero Natale a Knesset
La Germania con i piedi d’argilla
[Se sono triste, la gioia altrui m’affligge perché mi distoglie
dal piacere che provo nell’abbandonarmi alla mia tristezza. Mi si fa dunque una
violenza , che è una sorta di dolore. Montesquieu] La Germania? È ormai un “paradiso per i turisti del sesso dei
Paesi vicini'”. Lo sostiene la storica femminista tedesca Alice Schwarzer,
autrice di un appello per la revisione dell'attuale legge sulla prostituzione.
La normativa, che ha legalizzato il fenomeno, fu varata nel 2002 dal governo
rosso-verde di Gerhard Schroeder, con l'intenzione di migliorare la condizione
delle prostitute.
Ma secondo Schwarzer sembra invece scritta per i
trafficanti e fa crescere “la schiavitù moderna”. L’impressione diffusa
è che la Germania abbia affrontato la crisi finanziaria meglio di ogni altro
paese europeo. Certo ha beneficiato della crescente domanda di beni
d’investimento, soprattutto da parte dei paesi emergenti. Ma c‘è anche
dell’altro. “Se si cercano i punti di forza dell’economia tedesca – dice
l’inviato di euronews, Christoph Debetz -, si potrebbe a un primo sguardo
pensare ai grandi nomi della sua storia industriale: marchi come Bayer,
Porsche, Thyssen-Krupp o Siemens. Si pensa alla Ruhr o a una città come
Stoccarda. Le ragioni le abbiamo invece trovate altrove”. Fulda è una citta di
circa 100.000 abitanti, al centro della Germania. Al pari di Francoforte, i
centri più grandi distano almeno 100 chilometri. La città non può certo essere
considerata un polmone economico del paese. Come molte altre della stessa
taglia, ospita però quelli che qui chiamano “i campioni nascosti”: piccole e
medie imprese altamente specializzate e all’avanguardia mondiale.
Emblematico è il caso dell’azienda Hubtex e della sua capacità di adattamento. “Abbiamo assecondato la domanda del mercato – spiega il direttore Ralf Jestädt – e ci siamo detti che i nostri veicoli, dei carrelli elevatori mobili a quattro ruote, potessero essere modificati per rispondere ai bisogni di altre industrie. E così ne abbiamo sviluppate delle versioni per le acciaierie – in grado di trasportare tubature e profilati in alluminio – e altre, invece studiate per il trasporto e il carico di pannelli in legno, che possono essere utilizzate dalle industrie del legname”. Quando l’industria tessile ha decentrato la sua produzione, abbandonando la Germania, Hubtex operava nel settore. A differenza di altre ha saputo però riconvertirsi, ritagliandosi il ruolo di fornitore altamente specializzato di colossi mondiali operanti in ambiti anche molto diversi. Piccole e medie imprese costituiscono oggi la spina dorsale dell’economia tedesca. Da sole responsabili di un quarto delle esportazioni della Germania, sono inoltre la culla di numerosi “paperoni” del Paese. Il fatto che molte siano decentrate rispetto alle grandi aree metropolitane non sorprende però gli esperti. “Piccole aziende di punta nel loro settore costituiscono una vera manna per le regioni in cui si trovano – dice Michael Grömling, dell’Istituto economico tedesco di Colonia – . Una buona parte della forza lavoro più brillante e specializzata guarda infatti a queste imprese come ad attraenti opportunità d’impiego. E questa è la ragione per cui aziende di questo genere, anche se lontane dalle grandi città, attirano spesso nella zona una forza lavoro di qualità”. Tra le chiavi del successo economico tedesco, anche una forza lavoro altamente specializzata. La teoria si impara nelle scuole e nelle università . La pratica direttamente in azienda, da formatori come Frank Geiling. “Fino a poco tempo fa eravamo noi a selezionare gli stagisti – racconta -. Ora sono piuttosto loro a scegliere. Per essere competitivi e attrarre apprendisti in grado di apportare un vero contributo all’azienda, abbiamo quindi dovuto migliorare la nostra offerta pratica e formativa”. Il risultato è uno scambio, che arricchisce non solo entrambe le parti, ma l’economia nel suo complesso. Proprio la compenetrazione fra conoscenze accademiche portate dagli apprendisti e know-how pratico appreso in azienda è infatti considerata una delle chiavi del successo tedesco. “Si studiano diversi argomenti all’università – dice uno studente, qui impiegato come meccanico industriale -, di cui spesso ci si chiede l’utilità, l’impiego che possano avere nella nostra vita
edificio progettato da uno dei più celebri architetti del dopoguerra, nel 2009
ha però dovuto richiedere la protezione creditizia. Un quadro, che al pari di
molti aspetti dell’economia tedesca, conferma che l’apparenza inganna”. Dal
2006 ad oggi le persone che vivono sotto la soglia di povertà che in Germania è
fissata a 848 euro al mese per una persona che vive da sola (1278 euro nel caso
di una coppia) e cioè il 60% del reddito medio pro-capite, è aumentata dal 14
al 15,2%. “Tutti i trend positivi degli anni passati si sono fermati o hanno
addirittura preso la direzione contraria”. A Berlino – città ancora molto
mitizzata a livello mediatico – il dato è drammatico: 21,2%, più di un cittadino
su cinque. Nel 2008 era al 18,7%. La ragione? Da una parte la molta offerta di
lavoro anche derivante anche dalla tanta immigrazione di giovani dell’est e sud
Europa che, se da una parte è una delle ragioni per cui sempre più aziende
fanno della capitale tedesca la propria base operativa (uno studio McKinsey ha
calcolato che le startup berlinesi creeranno ben 100mila posti entro il 2020)
in ogni caso abbassa il reddito medio ed il costo della vita in città.
Dall’altra, l’appeal stesso che Berlino esercita su artisti o aspiranti tali
che vi si trasferiscono in attesa di un’occasione per sfondare, ma che nel
frattempo vivono di lavori part-time e sovvenzioni statali (il cosiddetto Hartz
IV, epicentro del welfare tedesco che secondo uno studio dell’aprile scorso
coinvolge più di un milione di cittadini). Insomma, i tedeschi non stanno così
bene come appare dall’esterno. È vero
che lo studio della Paritätischen Gesamtverbandes non ricalcola la soglia di
povertà su base regionale, ma le recenti battaglie dei socialdemocratici per la
creazione di un reddito minimo orario di 8,50 euro l’ora dal 2016, nonché le
promesse elettorali dell’Union di Angela Merkel di rialzare le pensioni (i
pensionati sono la categoria di cittadini con il più alto tasso di povertà in
Germania, più di un terzo di loro dal 2030 dovranno cavarsela con 688 euro
lordi al mese), dimostrano una situazione sociale non florida e degna di
riforme sempre più incisive. Riuscirà Angela Merkel a segnare un radicale
cambio di marcia in tal senso o proseguirà la sua politica dei piccoli passi?
Emblematico è il caso dell’azienda Hubtex e della sua capacità di adattamento. “Abbiamo assecondato la domanda del mercato – spiega il direttore Ralf Jestädt – e ci siamo detti che i nostri veicoli, dei carrelli elevatori mobili a quattro ruote, potessero essere modificati per rispondere ai bisogni di altre industrie. E così ne abbiamo sviluppate delle versioni per le acciaierie – in grado di trasportare tubature e profilati in alluminio – e altre, invece studiate per il trasporto e il carico di pannelli in legno, che possono essere utilizzate dalle industrie del legname”. Quando l’industria tessile ha decentrato la sua produzione, abbandonando la Germania, Hubtex operava nel settore. A differenza di altre ha saputo però riconvertirsi, ritagliandosi il ruolo di fornitore altamente specializzato di colossi mondiali operanti in ambiti anche molto diversi. Piccole e medie imprese costituiscono oggi la spina dorsale dell’economia tedesca. Da sole responsabili di un quarto delle esportazioni della Germania, sono inoltre la culla di numerosi “paperoni” del Paese. Il fatto che molte siano decentrate rispetto alle grandi aree metropolitane non sorprende però gli esperti. “Piccole aziende di punta nel loro settore costituiscono una vera manna per le regioni in cui si trovano – dice Michael Grömling, dell’Istituto economico tedesco di Colonia – . Una buona parte della forza lavoro più brillante e specializzata guarda infatti a queste imprese come ad attraenti opportunità d’impiego. E questa è la ragione per cui aziende di questo genere, anche se lontane dalle grandi città, attirano spesso nella zona una forza lavoro di qualità”. Tra le chiavi del successo economico tedesco, anche una forza lavoro altamente specializzata. La teoria si impara nelle scuole e nelle università . La pratica direttamente in azienda, da formatori come Frank Geiling. “Fino a poco tempo fa eravamo noi a selezionare gli stagisti – racconta -. Ora sono piuttosto loro a scegliere. Per essere competitivi e attrarre apprendisti in grado di apportare un vero contributo all’azienda, abbiamo quindi dovuto migliorare la nostra offerta pratica e formativa”. Il risultato è uno scambio, che arricchisce non solo entrambe le parti, ma l’economia nel suo complesso. Proprio la compenetrazione fra conoscenze accademiche portate dagli apprendisti e know-how pratico appreso in azienda è infatti considerata una delle chiavi del successo tedesco. “Si studiano diversi argomenti all’università – dice uno studente, qui impiegato come meccanico industriale -, di cui spesso ci si chiede l’utilità, l’impiego che possano avere nella nostra vita
professionale. Ecco, qui abbiamo modo di
mettere queste conoscenze alla prova e di testarne le applicazioni pratiche”. Incompiuto
da ormai quasi 50 anni, il raccordo autostradale tra Fulda e Francoforte è
emblematico di una zona d’ombra, sconosciuta a i più: il 40% della rete
stradale e il 20% di quella autostradale sono ormai lontani dagli standard. Per
i lavori mancano però 7 miliardi di euro. “La politica non ha gestito con
sufficiente coraggio il denaro pubblico – dice ancora Grömling, dell’Istituto
economico tedesco -. Il fatto che si sia privilegiato l’impulso ai consumi
piuttosto che quello agli investimenti sta ora presentando il conto. Stiamo
registrando un pesante ritardo negli investimenti, anche se in parte è dovuto a
fattori specifici. Negli anni ’90 si è per esempio pagato a caro prezzo il
lavoro di ricostruzione della Germania dell’Est: un processo che è andato di
pari passo con i tagli agli investimenti nella Repubblica Federale”. Per fare
spazio al tunnel dell’autostrada a sud di Fulda si è dovuto deviare il corso
della ferrovia e di un vicino torrente. Il solo completamento del progetto ha
un costo che sfiora i 215 milioni di euro, ma per il necessario raddoppio della
vicina linea ferroviaria mancano i fondi. Con il suo 3,7% contro il
6,8%nazionale, Fulda vanta il tasso di disoccupazione più basso del paese. Un
primato all’ombra del quale si nascondono però gli stessi problemi strutturali
di molte altre città tedesche. “Di proprietà delle autorità locali – conclude
da Fulda l’inviato di euronews Christoph Debetz -, il fornitore locale di
energia ha pagato un caro prezzo per l’ambizioso progetto di transizione dal
nucleare alle energie rinnovabili. I suoi utili ne hanno risentito
pesantemente. Le città tedesche sono insomma a corto di fondi. Per ammodernare
la sua piazza principale, l’amministrazione ha qui per esempio dovuto
associarsi alla compagnia olandese che gestisce il parcheggio sotterraneo e ai
grandi magazzini Karstadt. Lo stesso Karstadt, un altro dei grandi protagonisti
dell’economica tedesca, naviga però in cattive acque: a Fulda ospitato da un
venerdì 20 dicembre 2013
La Passione di Totò
[Chi
dice che l’arte non deve propagandare dottrine si riferisce di solito a
dottrine contrarie alle sue. Borges] Il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto la richiesta di
affidamento ai servizi sociali per l'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro
che sta scontando in carcere una condanna a sette anni per favoreggiamento alla
mafia. All'istanza, fatta dai legali dell'ex politico, si era detto favorevole
il pg della Corte d'Appello. Secondo quanto si apprende a indurre i giudici a
negare l'affidamento ai servizi sociali e, quindi, la scarcerazione a Cuffaro,
sarebbe stata l'assenza di collaborazione alle indagini dell'ex politico. Per
il tribunale avendo avuto contatti stretti con esponenti dell'associazione
mafiosa, nel suo ruolo di politico, residuerebbero spazi di “svelamento della
verità”. Cuffaro è detenuto nel carcere romano di Rebibbia. Esprime '”sgomento
e indignazione” Silvio Cuffaro, fratello dell'ex Presidente della Regione
Sicilia. “È davvero singolare che un
detenuto, da tutti definito modello, qual è stato Totò Cuffaro, non venga
riconosciuto all'altezza, così come la nostra Costituzione e il Codice Penale
prevede, di potere riabilitarsi e concludere la pena in affido all'associazione
nazionale ciechi. Che giustizia è questa? Che nazione è l'Italia”, dice Silvio
Cuffaro. “La storia giudiziaria di Totò Cuffaro - continua Silvio Cuffaro - è
stata costellata di ombre e di strani accadimenti che hanno permesso una
condanna in Cassazione profondamente ingiusta. Come può collaborare con la
giustizia chi non ha mai avuto nessun contatto con affiliati o sodali
dell'associazione mafiosa così come da verbali processuali di Salvatore Aragona,
coimputato e ora pentito?”
giovedì 19 dicembre 2013
TACI QUALCUNO TI ASCOLTA
[L’ex
premier: “È
inaccettabile che la magistratura voglia eliminarmi”.
E non ci riesca. (Trovo vergognoso che Berlusconi non abbia la
minima intenzione di accettare le sentenze. E ora scusate, vado a
festeggiare il trentunesimo scudetto della Juve) www.spinoza.it]
Taci,
l’America ti ascolta e a scriverne è un quotidiano statunitense,
il Washington Post. La NSA,
la NationalSecurity Agency alla base del datagate, lo scandalo delle
intercettazioni illegali, monitora, ancora oggi, cinque miliardi di
comunicazioni cellulari al giorno. Fra gli intercettati anche i
cittadini americani. È il quotidiano della capitale a scriverlo,
citando nuove informazioni che sarebbero state rese note da Edward
Snowden, l’ex tecnico informatico ancora rifugiato in Russia. La
raccolta di questi dati sarebbe finalizzata esclusivamente ad
attività di intelligence relativa a obiettivi stranieri, ma la
notizia ha scatenato le proteste di numerose organizzazioni che
invocano il diritto alla privacy che la NSA
non sembra voler riconoscere.
I
metodi di sorveglianza della Nsa messi in discussione per la prima
volta da un giudice federale di un tribunale civile di Washington. La
raccolta di dati telefonici senza specifica autorizzazione della
giustizia rappresenta “una minaccia alla vita privata dei
cittadini” secondo il giudice Richard Leon che ha definito
“orwelliano” il sistema messo a punto dall’agenzia americana.
Israele pronto a storica pace?
[Berlusconi:
“Sconfiggerò
il carcere in quattro anni”.
www.spinoza.it] Il
premier Benyamin Netanyahu ha detto che Israele è pronto ad “una
storica pace con i palestinesi, basate su due Stati per due popoli”.
Il premier - citato dai media - ha poi aggiunto che “Israele deve
avere la possibilità di difendere se stesso da solo”. Kerry ha
anche detto che il generale John Allen, l'inviato Usa per la
sicurezza nei colloqui di pace, ha presentato a Netanyahu “qualche
idea” per un'intesa sulla sicurezza.
Un
mancato accordo di pace con i Palestinesi sarebbe per Israele una
minaccia maggiore di quanto lo sia l'Iran e il suo programma
nucleare. Lo sostiene Yiuval Diskin, ex capo dello Shin Bet
(l'influente servizio di sicurezza interno), criticando la politica
del governo di Benyamin Netanyahu. Un attacco ripreso con evidenza
dalla stampa nel giorno dell'ennesima missione negoziale di John
Kerry nella regione. Stizzita la replica del premier: israeliani e
Palestinesi “non sono vicini ad un permanente accordo di pace”.
Lo ha detto Benyamin Netanyahu, secondo quanto riporta Haaretz, ad
una riunione del suo partito, il Likud. Il premier ha poi confermato
il ritorno del segretario di stato Usa John Kerry nella regione la
prossima settimana. Quest'ultimo prima di ripartire pochi giorni fa
da Israele, aveva invece sostenuto che le parti non erano mai state
così vicino ad un accordo da anni”. “La pericolosa escalation
israeliana è rivolta a vanificare gli sforzi americani e
internazionali per avanzare nel processo di pace” portando “i
negoziati ad un punto morto”. Così Nabil Abu Rudeineh, portavoce
della presidenza palestinese, citato dalla Wafa, ha definito
l'uccisione di “due giovani palestinesi” nel corso di “raid”
dell'esercito israeliano a Jenin e a Qalqilyia in Cisgiordania.
Cdp dice no alla Gesap, si alla Sac
[Si vorrebbe non morire. Ogni essere umano è propriamente un susseguirsi d'idee che non si vorrebbe interrompere. Montesquieu] La Cassa Depositi e Prestiti dice no alla richiesta di mutuo del comune di Palermo per ricapitalizzare la Gesap. La richiesta l’aveva votata il consiglio comunale nell’ultimo assestamento di bilancio, ma la società controllata dal ministero dell’Economia ha posto un netto rifiuto in virtù di una norma contenuta nella Finanziaria del 2010. La Gesap è, come noto, la società che gestisce l’aeroporto di Palermo e i cui soci, tra cui Palazzo delle Aquile (che detiene il 31 per cento delle quote), entro gennaio 2014 devono ricapitalizzare la società mettendo sul piatto 24 milioni, di cui 7,5 toccano a piazza Pretoria. E proprio il Comune aveva chiesto un mutuo alla Cassa, forte del voto di Sala delle Lapidi, ma nessuno aveva fatto i conti (nemmeno gli uffici) con la "rigidità" della Cassa. La norma di riferimento dice, per l’appunto, che gli enti non possono "effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio". E la Gesap rientra proprio in questo caso, avendo registrato tre perdite di esercizio consecutive. In pratica lo stesso problema riscontrato tre anni fa dalla Provincia di Sassari, che non potè ricapitalizzare le quote della Sogeaal, la società che gestisce l’aeroporto di Alghero.In merito alla notizia, diffusa da un comunicato stampa della Cassa Depositi e Prestiti e da un successivo lancio d’agenzia, che il consiglio d’amministrazione di Cdp ha in data odierna deliberato un finanziamento di 38.5 milioni di euro su un finanziamento complessivo di 73.5 milioni destinato al progetto di riqualificazione dell’aeroporto di Catania, l’amministratore delegato della Sac, Gaetano Mancini, ha espresso la sua più viva soddisfazione. "Questa è una tappa importante", ha dichiarato Mancini, "del percorso che Sac ha intrapreso con l’advisor Mediobanca per l’acquisizione sul mercato della provvista finanziaria necessaria a sostenete i prossimi 4 anni di investimenti. La notizia è la conferma delle grandissime potenzialità dello scalo di Catania, testimoniate dai numeri, i quali ci dicono come a fine novembre il progressivo del traffico dell’anno sia a +2%, malgrado il perdurare della crisi economica. A ciò si aggiunge che importanti vettori (come Air Berlin, AirOne, Alitalia, EasyJet, Meridiana, Ryanair, Turkish Airlines, Volotea e Vueling) stanno investendo in maniera significativa sullo scalo e senza dubbio daranno sviluppo all’azienda e opportunità al territorio".
Ryanair non fa prigionieri
[Con le donne si deve rompere di netto: nulla è più insopportabile quanto trascinare una vecchia storia. Montesquieu] Inaugurata a Palermo la nuova base di Ryanair con due aeromobili assegnati e 12 rotte. La compagnia low cost irlandese da ieri collega con 4 voli giornalieri l'aeroporto Falcone Borsellino allo scalo di Roma Fiumicino (56 settimanali) e prevede un numero maggiore di frequenze per Venezia (Treviso; 4 voli alla settimana in più per un totale di 14) che dovrebbero far salire a 1,8 milioni il numero di passeggeri in transito nello palermitano (+700 mila rispetto al 2013). Ryanair ha festeggiato l'avvio delle sue operazioni dalla nuova base di Palermo mettendo a disposizione posti sul suo intero network europeo con tariffe a partire da 16,99 euro per viaggiare a gennaio e febbraio, disponibili per la prenotazione entro la mezzanotte di oggi. Tre nuove rotte domestiche da Fiumicino nella programmazione voli di Ryanair. La compagnia ha festeggiato l’avvio dei suoi nuovi collegamenti domestici tra Roma Fiumicino e Catania, Lamezia e Palermo. I voli per Barcellona e Bruxelles Zaventem seguiranno a febbraio 2014. "Queste 3 nuove rotte domestiche da Roma Fiumicino portano a 9 il numero totale di rotte domestiche servite a Roma", spiega la compagnia, che intende spostare molte rotte italiane domestiche da Ciampino a Fiumicino nel corso dei prossimi 12 mesi. Fiumicino diventerà il suo principale aeroporto per i servizi interni da/per Roma. A Roma, Michael O’Leary di Ryanair, ha dichiarato: "Siamo lieti di lanciare le nostre 3 nuove rotte domestiche tra la nostra nuova base di Roma Fiumicino e Catania, Lamezia e Palermo. Migliaia di famiglie italiane stanno tornando a casa nel Sud Italia o in Sicilia in tempo per le feste di Natale grazie alle tariffe basse di Ryanair. Stiamo continuando a rispondere ai nostri aeroporti partner, che vogliono assicurarsi di avere rotte domestiche certe e flussi da e per Roma Fiumicino, in particolare visto che Alitalia continua a ristrutturare. Ryanair garantirà che i collegamenti verso Roma e il Sud Italia verranno mantenuti anche se i piani di Alitalia dovessero ridurre la capacità sulle rotte domestiche".
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